Dalla rivista "I treni" n° 100 gennaio 1990 (Pierangelo Del Zotto e Antonio Farella) iTreni
Siamo accolti da Riccardo
Patrese nel suo confortevole appartamento situato in pieno centro di Padova. La
disponibilità del nostro interlocutore ci mette subito a nostro agio, al punto
che l'intervista esce immediatamente dai classici modelli della domanda e
risposta per risolversi quasi in un monologo, con il quale Patrese anticipa e
risponde alle nostre domande. Ma prima di tutto tiene a dire che è un lettore
della nostra rivista. Ringraziamo, ci complimentiamo con Patrese per il
campionato di Formula 1 appena concluso con un risultato che non ha bisogno di
commenti e... via con le domande!
D. Che cosa rappresentano per
lei le nostre ferrovie, che con il “Pendolino" riescono a ripetere le
velocità che lei raggiunge sui levigati rettifili dei maggiori autodromi del
mondo?
R. Mi fa piacere che anche in
Italia vi siano treni capaci di ripetere le prestazioni di convogli più famosi,
come quelli giapponesi, che ho avuto più volte occasione di prendere quando mi
sono recato in quel lontano Paese e dei quali conosco bene i pregi di velocità
ed efficienza. Bene, bene, sinceramente per come stanno andando le cose in
generale basterebbe che le nostre ferrovie fossero un po' più efficienti per
diventare un mezzo di trasporto da usare molto più spesso Ad esempio,
specialmente d'inverno, per andare a Milano prendo abitualmente il treno. Sia un
Intercity o un espresso, in poco più di un paio d'ore posso essere nel entro
della città, un risultato al momento irrealizzabile con un diverso mezzo di
trasporto. Peccato che quest'anno abbiano ridotto
la frequenza dei collegamenti veloci alla linea Milano‑Venezia e peccato
che la stessa efficienza non si
ripeta nel resto d’Italia. Il viaggio in aereo richiede infatti la presenza in
aeroporto 45 minuti prima della partenza, ci sono le formalità da svolgere ed
inoltre gli impianti sono ben fuori dalle città: spesso si perde il vantaggio a
causa traffico caotico che
imprigiona le città stesse.
D. Una domanda che molti
lettori vorrebbero porle è questa: come è nata, in un campione che è
cresciuto a... pane e motori, la passione per il collezionismo di treni in
miniatura?
R. Be' io ho cominciato a
correre molto giovane (avevo dieci anni) e direi che la passione peri modelli di
treni risale grosso modo a quando avevo quell'età. I modelli
mi sono sempre piaciuti molto e ad un certo punto mi sono trovato ad
"ereditare" da mio fratello, parecchio più anziano di me, una certa
quantità di rotabili in miniatura. In estate
frequentavamo per un mese o due la casa paterna, nel Polesine, dove avevamo
un plastico sul quale facevamo correre i
nostri trenini. Qualche anno dopo l'intero gruppo familiare si è
trasferito in città e questa situazione felice è venuta meno. Circa otto o
nove anni fa, venduta la casa, abbiamo dovuto liberarla dalle nostre cose e, tra
l'altro, ho ritrovato i miei vecchi modelli: saranno stati quattro o cinque, tra
i quali qualche locomotiva e gli ST 800 ed HS 800, e da lì, un po' perchè mi
ricordavano i tempi passati, un po' perchè l'oggetto mi era sempre piaciuto, mi
sono detto: be', perchè non mi creo una collezione per hobby personale attorno
a questi pezzi base? Così, grazie ai miei frequenti viaggi in giro per il mondo
e tramite i cataloghi delle aste, ho man mano costruito questa collezione,
basata principalmente sulla scala HO di Marklin, e piano piano mi sono fatto
coinvolgere anche dalle scale 0 e 1. La scala HO comprende tutta la produzione
dal 1935 ad oggi. Come concetto, poi, mi piace molto ricreare il treno, cioè
adattare a ciascuna locomotiva le sue carrozze o i suoi carri, non lasciarla
esposta isolatamente. Dal punto di vista strettamente modellistico, invece, non
ho praticamente niente: non avendo il tempo per fare un plastico, mi limito a
tenere i modelli in vetrina. Mi piacerebbe comunque far correre i miei treni, ma
solo quelli più recenti, perché quelli d'epoca è bene che restino sotto
vetro.
D. Ci dica qualcosa di più
su come coglie l'occasione dei viaggi per completare la sua collezione.
R. Sì, durante i miei viaggi
per i Gran Premi trovo spesso il tempo per visitare questo o quel negozio,
specialmente in Germania e in Giappone, dove la cultura del modellismo
ferroviario è molto evoluta. Recentemente a Phoenix, negli Stati Uniti, sono
riuscito a comprare per un prezzo modesto un intero treno di latta senz'altro di
vecchia costruzione, in grande scala e completo di alimentatore. Sono comunque
un po' preoccupato per l'eccessiva importanza che viene data ultimamente al
mercato del collezionismo, perchè taluni modelli hanno raggiunto delle
quotazioni proibitive e viene da domandarsi se vale veramente la pena di
spendere tanto.
D. Qual è il pezzo al quale
è più affezionato?
R. Senz'altro quei quattro o
cinque pezzi iniziali sui quali ho costruito la collezione.
Ciò detto, il nostro
interlocutore, che con molto garbo e simpatia ci ha raccontato il suo rapporto
con i treni veri e con quelli in miniatura, ci accompagna nel locale destinato
alla custodia dei suoi gioielli. Qui troviamo il falegname di fiducia che sta
approntando un'altra elegante bacheca destinata a ricevere gli ultimi arrivi. E
restiamo a bocca aperta! Nel reparto HO, oltre a tutta la produzione Märklin,
troviamo numerosi pezzi degli anni settanta, sessanta e cinquanta, via via
retrocedendo agli albori di questa scala con modelli che perdono in raffinatezza
ma che acquistano in fascino e valore. Una vetrina intera è dedicata alla
vecchia produzione Pocher a tre rotaie. Qualche pezzo Rivarossi e Lima fa da
contorno, mentre fanno capolino un paio di treni in scala Z («giusto per
apprezzarne la qualità ‑ dice Patrese ‑perchè giocoforza devo
limitare il mio campo di interesse»). Ma le vetrine più interessanti sono
quelle che raccolgono il materiale in scala 0 e 1, quasi tutto d'epoca e
risalente addirittura agli anni dieci e venti (ma si sta creando lo spazio per
un'E.428 in grande scala di produzione artigianale ... ).